14 Dic Il Belgio della birra – Diario di viaggio 2° tappa – La Brasserie Cantillon
IL LAMBIC E’ IL LAMBIC!
Questa mattina sveglia presto, come al solito… Dopo la prima colazione si parte per andare alla brasserie Cantillon, fondata nel 1900 da Paul
Cantillon e Marie Troch! Non vedevo l’ora. In marcia a piedi, tutti in fila, attraversando i quartieri ancora addormentati di Bruxelles. Cammina e cammina, arriviamo a gruppetti davanti al birrificio forse più nobile e popolare della città. Incredibile: alle 9,30 c’è già la fila all’ingresso!
E’ il 50° compleanno di attività brassicola di Jean Pierre Van Roy, genero
del figlio del leggendario Paul, che opera dal 1970 e che ci onorerà di
assistere al suo, forse ultimo, brassin public, cioè dove anche il popolo può
assistere alle fasi di lavorazione del magico nettare
Entriamo nella prima stanza e troviamo lo shop e la tap room, dove si
possono degustare una gueuze o una kriek ‘fatte come Dio comanda’ (cit.).
Kuaska ci aspetta per accompagnarci a visitare lo stabilimento,
comprensivo di ragnetti e polvere che fanno parte imprescindibile
dell’habitat, e vediamo subito Jean Pierre che sta controllando
visivamente, con l’esperienza che il tempo e l’amore gli hanno conferito,
che il mosto di frumento, rigorosamente non maltato, e orzo sia pronto.
La parte liquida viene spedita, mediante tubazioni, al piano di sopra dove
si aggiunge in grande quantità l’houblon suranné, il luppolo invecchiato
che ha perso le sue proprietà amaricanti ma ha ancora quelle conservative
e antisettiche.
Il Lambic si produce da Ottobre a Maggio per evitare le alte
temperature estive che ne ostacolerebbero il raffreddamento e
favorirebbero le infezioni.
Anche noi contribuiamo a versare il sacco di luppolo nel mosto!
A tempo debito, dopo 4/6 ore, il mosto bollente viene fatto salire da
storiche pulegge nella mitica vasca di raffreddamento, 7 metri x 5 x 30 cm
di profondità per creare un’ampia superficie di contatto con l’aria, sotto le
tegole del tetto dove, dalle fessure, entreranno i famosi brettanomiceti
(lieviti selvaggi), batteri presenti nell’aria e non solo, a fermentare, in fasi
complesse, il mosto.
A bocca aperta tutti ammiriamo il potente getto
bollente che si riversa nella vasca di rame, fra vapore e profumi, e ci
sembra una delle più belle esperienze della vita!
Dopo una notte di stazionamento il liquido passerà in un’altra vasca di
riposo. Da qui al passaggio in botte il passo è…. quasi breve.
Nelle botti di rovere o castagno il Lambic staziona, fra ragnatele, polvere
e gatti sornioni, per tempi variabili, anche fino a tre anni. Qui riceve
aroma, colore e l’influsso di altri lieviti e batteri che ne hanno colonizzato
l’interno. Da ogni singola botte il Lambic riceve note uniche ed irripetibili,
anche se ad abitarle è lo stesso mosto. Dopo alcuni mesi alcuni lieviti
scompaiono, ma la bottiglia favorisce l’aumento di quelli lattici, che
restano quelli da noi percepibili.
Questa meraviglia fu definita “l’anello mancante fra la birra e il vino”
(Frank Boon). Provare per credere: ne resterete affascinati e, come noi,
innamorati.